La targa posta all’ingresso della stazione ferroviaria di Udine a ricordo delle donne friulane della resistenza civile al nazifascismo e l’eco che il fatto ha avuto tra la cittadinanza e sulla stampa fanno si che la notizia continui a diffondersi e da Roma, dopo il ricordo di Eraldo Affinati, anche i giorni scorsi è arrivata una lettera, pubblicata sul Messaggero, che ricorda e arricchisce l’episodio di particolari interessanti, come la partecipazione di due fratelli, venditori di quotidiani, impegnati nel favorire la fuga soprattutto degli internati militari. La lettera sollecita una spiegazione su quale sia stato il motivo per cui, dopo quasi 70 anni, un fatto che era rimasto tra i racconti privati delle famiglie in Friuli, ma anche in Italia, sia emerso come racconto pubblico e abbia meritato un ricordo perenne tramite la posa di una targa commemorativa. La vicenda assume carattere non solo privato nel 2005, quando, in veste di insegnante, nell’ambito di una ricerca storica realizzata insieme ai ragazzi e alle ragazze del triennio di una scuola superiore di Udine, ho organizzato incontri tra studenti e testimoni del tempo. La ricerca si è basata su interviste e ha mirato a ricostruire la situazione socioeconomica del Friuli nel secondo dopoguerra e l’operato della classe politica friulana degli anni ‘50 e ‘60 del Novecento, prolusione al periodo dello sviluppo economico e del benessere. Insieme ai ragazzi ho intervistato alcuni deputati e senatori di allora, ex sindaci, sindacalisti. Tra di essi la signora Fidalma Garosi vedova del deputato Mario Lizzero. E’ stata lei a riferire agli studenti e alle studentesse gli episodi che vedevano protagonisti uomini, ma soprattutto donne, che, a partire dal 1943, nella stazione ferroviaria di Udine portavano generi di conforto agli internati militari e in seguito ai deportati stipati nei carri ferroviari che stazionavano a Udine prima di raggiungere le destinazioni dei campi di internamento e concentramento del Nord Europa. Sprezzanti del pericolo ne hanno anche liberati alcuni. Nasce dunque dagli studenti e dalle studentesse, dalla scuola, dalla didattica della storia il riaffiorare di questa memoria, che poi è stata confermata da altri racconti, fotografie dell’epoca e materiali di archivi pubblici e privati. Un fatto storico di importanza fondamentale per trasmettere ai giovani la memoria di episodi di civiltà, dignità, solidarietà umana, lotta per il bene comune e la democrazia. Sono state fondamentali per raggiungere il risultato della targa le collaborazioni di donne di diverse associazioni che hanno formato il comitato “Donne resistenti”, che si è posto un ulteriore obiettivo: ottenere i finanziamenti per bandire due borse di studio per giovani ricercatrici e realizzare un documentario storico allo scopo di raccogliere le testimonianze, ancora possibili, per inserire i fatti di Udine entro il filone delle ricerche europee sugli episodi di resistenza civile al nazifascismo, secondo il modello tracciato da Jaques Semelin in Francia.
Paola Schiratti
Presidente del comitato donne resistenti
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