Ritengo doveroso ascoltare i cittadini che si organizzano, si informano e si esprimono per sollevare problematiche e criticità. La buona politica dal confronto con le idee di chi soprattutto è utente e soggetto attivo dei servizi può trarre solo indicazioni utili al miglioramento delle proprie proposte.
Hanno ragione i genitori che sollevano dubbi sullo studio del friulano a scuola. Sia per la carente organizzazione e la mancanza di fondi per avviare un percorso virtuoso dello studio di una lingua, sia perché questa lingua è diffusa e parlata in maniera difforme sul territorio.
L’insegnamento della lingua friulana è stato introdotto dalla legge regionale 29/2007 che prevede, a richiesta delle famiglie, un minimo di 30 ore di insegnamento della lingua friulana, inserite tra le ore curricolari. Oggi è una scelta particolarmente influente sulla qualità dell’insegnamento della scuola primaria dopo i tagli operati al tempo scuola dal governo Berlusconi, dalle 30 ore settimanali si è passati a 27 e le richieste delle 40 ore non sono state tutte esaudite. Ciò ha comportato la riduzione di ore d’insegnamento delle materie fondamentali come italiano, matematica, lingua straniera, e in questa situazione la legge prevede che l’insegnamento del friulano tolga altro tempo alle discipline fondamentali. Un altro aspetto riguarda il fatto di dover dividere la stessa classe in due gruppi diversi tra chi sceglie il friulano e chi no. Servono due insegnanti , non è chiaro quale attività possa svolgere l’insegnante di classe, mentre un gruppo dei suoi alunni e alunne con l’altro insegnante studia il friulano. A ciò si aggiunge l’insufficienza dei fondi per una corretta gestione di questa attività, in un momento in cui alla scuola mancano completamente le risorse per il funzionamento delle attività ordinarie.
Nel merito della scelta didattica si può considerare che molte famiglie non parlando friulano e non lo ritengono fondamentale per l’istruzione, soprattutto in un momento in cui la scuola riduce, rispetto al passato, la propria offerta formativa. Per questi motivi ho proposto di aprire i vincoli della territorialità nello studio delle lingua minoritarie, in modo che le famiglie possano scegliere liberamente tra friulano, tedesco e sloveno. Infatti bisogna tenere conto che oggi in Italia nelle scuole è previsto negli orari il solo insegnamento della lingua inglese, mentre l’insegnamento di una seconda lingua comunitaria è stato cancellato e molti corsi sono istituiti dalle scuole, ma pagati dalle famiglie, creando discriminazioni tra chi può permetterselo e chi no. Una soluzione più idonea e sensata sarebbe stata quella di insegnare la lingua minoritaria in orario aggiuntivo a quello già così minimo e ridotto di oggi. Credo che le adesioni sarebbero state più numerose e l’organizzazione meno farraginosa, meno costosa e più efficace.
Vanno ascoltati i genitori quando sollevano queste questioni, perché si tratta di una legge che richiede enormi risorse, e non considera la realtà economica, culturale e sociale del momento in cui mancano i finanziamenti minimi per le attività di base in ogni scuola della regione. Anche sui dati delle adesioni all’insegnamento del friulano c’è da eccepire, perché i bambini iscritti in prima elementare sono stati calcolati per tutto il quinquennio. Bisognerà vedere quali saranno i numeri dei prossimi anni, per una valutazione corretta della adesioni.
Paola Schiratti
Consiglera provinciale di Udine
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