La questione della tensione tra FIOM CGIL e FIAT vede schierati intellettuali, politici, sindacalisti, giornalisti, cittadini e cittadine sui due fronti, si tratta di una questione fondamentale che avrà ricadute sull’economia e la vita nel nostro paese. La grossa fabbrica è un baluardo nei rapporti tra datori di lavoro e lavoratori, alcuni paletti si possono mettere solo in un ambito così ampio, poi a ricaduta altre realtà produttive ne trarranno danni o benefici a seconda dell’accordo siglato. Tutti si sono espressi, ma credo che in questo frangente proprio la politica non abbia fatto il suo mestiere e il suo dovere che sarebbe stato di non esprimere giudizi a favore di una parte o l’altra, ma avanzare proposte di intervento concrete per mediare tra le posizioni dell’azienda e la tutela del posto di lavoro e dei diritti dei lavoratori metalmeccanici in Italia. Credo che a Marchionne interessi poco o nulla che alcuni stiano con lui e altri contro di lui, né credo interessi o giovi granchè ai lavoratori della FIAT. Interessano invece proposte concrete. Il governo Berlusconi non ne ha fatte nemmeno una, anzi l’uscita del premier che invita l’azienda ad andarsene all’estero se la proposta aziendale sul contratto di lavoro non fosse stata ratificata dal referendum votato dagli operai, non può essere commentata tanto è di ignobile livello. Ma per essere credibili , per dimostrare la loro diversa natura, l’interesse e l’amore per il nostro paese i partiti del centro sinistra avrebbero dovuto avanzare già da tempo proposte concrete di intervento per garantire che la FIAT mantenga i propri stabilimenti e la propria produzione attuale in Italia. Le proposte devono riguardare gli oneri sul costo del lavoro che è tassato in Italia al 20¬-30%, mentre le rendite lo sono al 12%, la semplificazione della burocrazia che costa tempo e danaro rubato alla produzione per inseguire i suoi iter e i suoi ritmi bizantini, la sua mole di leggi e leggine, la creazione delle condizioni necessarie nelle infrastrutture per il rapido trasporto delle merci, per la efficace comunicazione multimediale tramite la banda larga. Anche in Friuli abbiamo avuto l’esperienza della Safilo, malgrado la dedizione e l’operosità delle maestranze, malgrado tutti i proclami e le dichiarazioni delle forze politiche, l’azienda ha chiuso in Friuli alcuni settori produttivi come aveva deciso. Le forze politiche al governo della regione non hanno avanzato alcun progetto operativo. Che cosa serve per trattenere sul territorio nazionale le nostre aziende? Quali veri interessi o quali debolezze del nostro paese fanno sì che sia conveniente delocalizzare all’estero, visto che il costo del lavoro incide solo l’8% circa sul valore finale del bene? La crisi che stiamo vivendo ha rari e antichi precedenti, non viviamo una crisi interna al sistema economico, come ce ne sono state tante, ma una crisi dell’economia mondo europea e nordamericana a cui fa da contro altare lo sviluppo del sud est asiatico, la ricchezza di Cindia, come l’ha definita Rampini. Ecco che servono allora idee nuove, nuovi settori di intervento, nuovi soggetti economici, giovani e donne, portatori e portatrici di nuovi modelli e nuovi settori di sviluppo, la ricerca deve in queste condizioni avere un peso fondamentale, maggiore del solito. Deve essere elaborato un progetto complessivo, che preveda la fine dei contratti di lavoro precari a vita, la rivisitazione della legislazione e della tassazione che vessa gli artigiani, i commercianti, i professionisti, le piccole e medie imprese, con ricadute vergognose sui salari e sui rapporti di lavoro che interessano i lavoratori di questi settori. Accade che nel vicino Veneto, in Lombardia e Piemonte, i governi di Austria, Svizzera e ora Slovenia invitano i nostri artigiani e le nostre aziende a trasferire le attività da loro, illustrando i vantaggi che ne avrebbero. Fuggono i nostri cervelli, calano i fondi destinati alla ricerca, crollano i siti d’arte, si cementifica il nostro bel paese. La destra è allo sbando totale, devono emergere concrete proposte dal centro sinistra, solo così si può pensare di recuperare il consenso perso di fronte agli elettori. Personalmente nella mia azione amministrativa e politica, mi impegnerò soprattutto nell’elaborare proposte di intervento concreto negli ambiti in cui intervengo
Paola Schiratti
Responsabile regionale donne Italia dei valori
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